Gli scienziati del Mdi Biological Laboratory di Bar Harbor, nel Maine, come si legge su ‘Plos One’, hanno identificato gli interruttori genetici comuni a tre specie per governare la ‘ricrescita’ degli arti.
Alcuni organismi viventi possiedono la capacità di fare ricrescere i tessuti danneggiati, come ad esempio la coda della lucertola. Ebbene, i ricercatori Benjamin L. King e Voot P. Yin hanno identificato un meccanismo comune a tre specie: zebrafish o pesce zebra, un pesce d’acquario di origine indiana; axolotl, una salamandra nativa dei laghi del Messico; e bichir, un pesce africano.
Scoperto il meccanismo genetico comune a tutte e tre le spiecie, animali formati 420 milioni di anni fa, che hanno conservato la dote attraverso l’evoluzione: “Mi ricordo quel giorno molto bene: è stata una sensazione fantastica”, spiega King rievocando la scoperta. “Non ci aspettiamo che i pattern di espressione genetica fossero molto diversi nelle tre specie, ma è stato sorprendente vedere che erano sempre gli stessi”.
Questa scoperta potrebbe essere applicata all’uomo, fa capire che negli esseri umani i tessuti danneggiati si rigenerano male, applicare questa scoperta, manipolando i geni, con terapie farmacologiche.
“La rigenerazione degli arti negli esseri umani può sembrare fantascienza, ma è nel regno della possibilità”, ha sottolineato Yin. “Il fatto di aver identificato una firma genetica per la rigenerazione in tre specie diverse con tre diversi tipi di appendici suggerisce che la natura abbia prodotto un manuale di istruzioni genetiche comuni che regolano la rigenerazione”.
Un aspetto “che può essere condiviso da tutte le forme di vita animale, compreso l’uomo”, assicura Yin. Lo studio ha anche implicazioni nella guarigione delle ferite, che richiede anche la sostituzione dei tessuti persi o danneggiati, e coinvolge meccanismi genetici simili. Un’altra possibile applicazione è lo sviluppo di più sofisticati dispositivi protesici. Quando un arto viene amputato, i nervi possono essere danneggiati. La loro riparazione e rigenerazione potrebbe consentire lo sviluppo di protesi più sofisticate che possono interfacciarsi con i ‘nuovi’ nervi, consentendo così un maggiore controllo ai pazienti.