Massimo Bosetti 46 anni, sposato con 3 figli, il muratore di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio e condannato all’ergastolo, stamattina è comparso davanti ai giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia chiamati a decidere sul suo destino, ha dichiarato di essere innocente, nella speranza che qualcuno riveda il caso e si accorge dell’errore giudiziario.
La lunga lettera disperata e di pianto scritta da Bosetti: «Da tre anni invoco la mia innocenza, da tre anni chiedo anche tramite i miei avvocati l’unica cosa che può consentire di difendermi, la perizia in contraddittorio sul Dna. Posso marcire in carcere per un delitto atroce che non ho commesso senza che mi sia concessa almeno questa possibilità?», ha scritto Bossetti Bossetti a un quotidiano: «Confido che finalmente sia fatta Giustizia e io possa tornare a riabbracciare i miei cari da uomo libero e innocente quale sono, anche se ho una vita stravolta e comunque segnata per sempre. Lo spero io, lo devono sperare i Giudici, sono convinto che lo speri Yara da Lassù, almeno fino a quando il suo vero assassino che è ancora libero e sta ridendo di me e della Giustizia, sconterà la giusta pena».
Massimo Bossetti, all’inizio delle sue dichiarazioni spontanee, ha voluto rivolgere un «sincero pensiero» a Yara Gambirasio per il cui omicidio è stato condannato all’ergastolo. «Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi – ha detto Bossetti -, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà».
Il muratore ha detto di essere vittima «del più grande errore giudiziario di tutta la storia» e ha anche stigmatizzato il modo con cui fu arrestato: «C’era necessità di scomodare un esercito e umiliarmi davanti ai miei figli e al mondo intero?». Ha poi aggiunto che, quando fu fermato nel cantiere in cui lavorava (e i momenti del fermo furono filmati) si sentì «una lepre che doveva essere sbranata da innumerevoli cacciatori». «Perché, perché, perché?» ha detto il muratore. E girandosi verso il pubblico in aula per poi tornare ai giudici, ha detto: «Io non sono un assassino, mettetevelo in testa».
«Quando i miei figli vengono a trovarmi mi chiedono: papà, quando torni a casa? Non c’è un altra porta per uscire?». Massimo Bossetti ricorre alla mozione degli affetti nelle sue dichiarazioni spontanee al processo d’appello per l’omicidio di Yara Gambirasio. E rinnovando il suo amore per la famiglia spiega: «Ai miei figli dico: non uscirò da un’altra porta: uscirò a testa alta dallo stesso, immenso portone da cui sono entrato».
Dopo la lettera di Bosetti, i giudici dovranno decidere cosa fare, se rivedere il caso e rifare l’esame del DNA, estratto da una macchia di sangue trovato sul corpo di Yara, secondo l’accusa apparterrebbe a Massimo Bosetti.
La corte potrebbe confermare l’ergastolo con l’aggravante di 6 mesi di isolamento, per l’accusa di calunnia nei confronti di un suo collega di lavoro, verso il quale ha indirizzato le indagini.