Ecco in Italia a chi è stato concesso il vitalizio, leggete tutta al storia della nuova presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, a gente che già è benestante di suo, che ha già attività professionali avviate, e a noi ci succhiano anche l’aria che respiriamo, fa cumulo familiare il reddito isee anche se superiamo di un centesimo, vergogna, questa gente di forza italia non vuole diminuire nemmeno di un euro il suo vitalizio, ma almeno chi ha un reddito alto non ne dovrebbe aver diritto, fate girare!
PADOVA. Il padre viceprefetto, la mamma casalinga, i cinque fratelli: della piccola Maria Elisabetta, in quelle foto seppiate dell’austera famiglia Alberti, non c’è traccia. Vaso di coccio femminile, oscurata dal maschilismo imperante nel secondo dopoguerra. Una “scuola di sopravvivenza” efficace per la minuta ragazzina dai capelli bruni, nata a Rovigo all’indomani della proclamazione della Repubblica (era il 12 agosto del 1946) e destinata, quasi un contrappasso, a diventare la prima donna presidente del Senato nella storia patria.
Per lei l’addio al Polesine coincide con l’approdo a Padova, città d’adozione, dove l’adolescente completa gli studi liceali e intreccia i primi rapporti con i coetanei della buona borghesia: dinamica, grintosa, fortemente determinata a diventare un avvocato, si laurea in Giurisprudenza a Ferrara, specializzandosi in diritto canonico nella Pontificia Università Lateranense. Una svolta, non soltanto professionale, perché si imbatte in Giambattista Casellati, un bel ragazzo che scorrazza in “Bianchina” e, come dire, tralascia un po’ il Diritto: unico figliolo di una facoltosa coppia di musicisti e proprietari terrieri di Adria, è cresciuto negli agi del palazzo nobiliare avito.
I giovani si piacciono e si fidanzano, l’energica Elisabetta lo sprona a concludere gli esami. Si sposano. Lavorano a contatto di gomito nel nuovo studio legale, lei – ricercatrice universitaria al Bo – si occupa di divorzi e patrocina gli annullamenti matrimoniali davanti alla Sacra Rota. Clientela femminile, perlopiù, che assiste con tenacia “spietata” nei contenziosi con gli ex coniugi. Il look? Capi rigorosamente firmati ( le piacciono i modelli di Rosy Garbo) aspetto curato ma senza esagerare: «Detesto le unghie lunghe e le bocche colorate, non esco mai senza eyeliner», confida.
Nasce Ludovica, che farà la giornalista e le donerà l’adorato nipotino Giancarlo (nessun link con Galan, è il nome del nonno), seguita da Alvise. Quest’ultimo, curiosamente, abbina il lavoro di avvocato a New York (cura i diritti d’autore) alla passione musicale ereditata dal ramo materno e infine è quest’ultima a prevalere: a quarant’anni scoccati, il giovanotto (che ha fama di sciupafemmine) mollerà i tribunali per dedicarsi al podio, fino a dirigere a Venezia – è il 2011 – il solenne concerto della Fenice in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Nel frattempo, corre il 1994, donna Elisabetta scopre la politica: è l’anno della discesa di campo di Silvio Berlusconi che seleziona i candidati attraverso i casting allestiti da Publitalia. Folgorata dal Cavaliere, contattata da Forza Italia, si reca in compagnia del marito nell’albergo dov’è in programma la selezione. Promossa a pieni voti, corre per il Senato e nel suo primo comizio in piazza dei Signori – tra annunci di rivoluzione liberale e altolà alla minaccia comunista – sfoggia con nonchalance un tailleur blu di Saint Laurent. Entra a Palazzo Madama, ci farà ritorno per cinque legislature consecutive. Il bellissimo palazzetto domestico di via Euganea diventa meta (riservata) dei personaggi che contano, con effetti benefici estesi allo studio di via Altinate, ora frequentato da clienti del calibro del regista Gabriele Muccino e del calciatore Stefano Bettarini, già marito di Simona Ventura.
«La mamma? Torna a Padova il venerdì sera, il sabato lo dedica ai fascicoli processuali, la domenica dorme il più possibile, poi va in piscina ad Abano, dove nuota e fa ginnastica in acqua», racconta Ludovica «è contenta se pranziamo tutti insieme purché non sia lei a cucinare, a parte la pasta e fagioli, i fornelli non sono la sua passione. È una nonna innamorata di mio figlio, il suo unico nipotino che ha nove anni, chiede sempre di lui. Le vacanze? Le piace il mare: Sardegna, Elba, Forte dei Marmi, con papà ha acquistato un appartamentino a Cortina ma la montagna non la fa impazzire. Il fatto è che ha troppi impegni, a volte dobbiamo spegnerle il telefono, se fosse per lei, tra politica e cause non si fermerebbe mai».
Lo studio legale Alberti-Casellati, già. Dista pochi metri da quello di Piero Longo e Niccolò Ghedini, quasi a riflettere la stretta consonanza politica con il penalista-stratega. È stato lui a convincere il Cavaliere a designarla alla seconda carica dello Stato, culmine di un cursus honorum – sottosegretario, presidente di commissione, segretario del Senato – che attraversa un quarto di secolo e le consente di approdare al Consiglio superiore della magistratura, tradizionale viatico alle più elevate poltrone istituzionali. Tanti successi, perseguiti con lucida determinazione e indubbia competenza; qualche inciampo, leggi la controversa decisione di assumere la figlia e porla a capo dello staff parlamentare. Un cedimento familista stridente con l’immagine della “dama di ferro” poco incline alle umane debolezze: unica passione riconosciuta, quella di collezionare le marionette e le maschere napoletane di Marco Ferrigno il “re di San Gregorio Armeno”. Ora però, nel gran teatrino della Capitale sarà lei, Maria Elisabetta Alberti Casellati, la nativa azzurra più fedele alla causa berlusconiana, a tirare i fili.