Allarme meninghite in Italia
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Il grano estero importato in Italia per la produzione della pasta italiana non è kille, viene importato grano estero di qualità, salvo il mito della pasta italiana, il suo gusto, esportata in tutto il mondo, occupazione per 120 aziende, Lo rivela AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) in occasione dell’ennesima manifestazione di protesta di Coldiretti per la “tutela del grano italiano”.
Purtroppo la produzione del grano duro in Italia non è sinonimo di qualità, afferma Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di AIDEPI. Negli ultimi 7 anni (fonte ISMEA su dati CRA-QCE) i valori proteici del grano duro italiano sono stati molto prossimi al 12%. Spesso anche inferiori. Al limite, dunque – considerando il calo di circa 1 punto percentuale nella trasformazione da grano a semola – dei parametri stabiliti dalla legge di purezza (10,5%) e ampiamente al di sotto delle esigenze necessarie per produrre una pasta di alta qualità. Per questa ragione, anche in anni, come questo, di produzione abbondante, rimane necessario importare grano duro estero di qualità top (in genere tra il 30 e il 40% del totale) per ‘rinforzare’ la miscela della semola utilizzata dagli industriali della pasta.”
Se l’Italia non importasse grano duro di qualità, rischierebbe di vendere meno grano all’industria, solo quelli per raggiungere i parametri di purezza, secondo la legge che da 50 anni regola i parametri di purezza (legge n. 580 del 4 luglio 1967) fissa le regole della qualità della nostra pasta. Senza grano estero di qualità, i produttori di grano perderebbero il 50% dei ricavi, la produzione italiana potrebbe essere venduta solo per l’alimentazione degli animali.
Quando si sostiene che il grano estero è di bassa qualità e viene scelto perchè costa poco si stanno dicendo delle cose non vere: Quello canadese, per esempio, negli ultimi 50 anni ha avuto valori medi di proteine del 14,5% (e proprio per questo è stato sempre pagato circa il 15-20% in più di quello nazionale). Stessa cosa per il grano francese e americano, anche qui a fronte di valori proteici spesso superiori al 15% si afferma un differenziale di prezzo del +20-25%.
L’accusa della speculazione sui prezzi del grano rivolta ai pastai non è veritiera, nel 2008 hanno dovuto pagare il grano 500€ a tonnellata, il prezzo viene determinato dai mercati. Il prezzo del grano italiano è calato del 42% rispetto al 2015, la causa è data da una stagione straordinaria per il grano canadese, raccolto record e altissima qualità, le ragioni che il prezzo del grano italiano è calato, è perchè considerato di medio-bassa qualità.
Cosa succede se in Italia si producesse pasta fatta solo con grano italiano? Che tutti mangierebbero meno pasta, quella in vendita risulterebbe di bassa qualità, resterebbero le produzioni che hanno scelto di produrre pasta con grano italiano di qualità, la pasta prodotta risulterebbe scadente e non potrebbe garantire di essere “al dente”, con il rischio che tutti migrerebbero verso altri cereali, la pasta diventerebbe un lontano ricordo.
Anzi la mano chi di voi ha mai assaggiato la pasta cruda frolla o l’impasto crudo dei dolci? Gli esperti dicono meglio non farlo.
Prima cosa per le uova crude che possono contenere batteri, la farina con cotta viene prodotta con il grano non trattato, non sterilizzato che può contenere batteri, tra cui quelli provenienti dallo sterco animale, come il batterio E.coli.
La farina cruda usata per qualsiasi impasto potrebbe essere contaminata da feci di aninali, ad affermarlo la Food and Drug Administration Usa. E un portavoce della Food Standards Agency del Regno Unito ha aggiunto: “Vi sconsigliamo di mangiare qualsiasi miscela cruda e lo stesso vale per gli ingredienti non cotti, come la farina”.
«C’è una forte evidenza del fatto che l’alcol provochi il cancro in almeno sette parti del corpo». Lo ha sostenuto Jennie Connor, ex capo del Dipartimento di Medicina Preventiva e Sociale alla Otago University in Nuova Zelanda. Secondo lo studio, pubblicato dalla rivista scientifica Addiction non sarebbero a rischio solo i bevitori incalliti, ma anche i più moderati avrebbero di che preoccuparsi.
Non è una semplice relazione tra assunzione di alcool e tumori: «Anche senza una conoscenza completa dei meccanismi biologici – spiega la Connor – l’evidenza epidemiologica supporta la tesi che l’alcol provochi il cancro dell’orofaringe, della laringe, dell’esofago, del fegato, del colon, del retto e del seno». Non è tutto, perchè l’epidemiologa spiega che esiste una relazione tra consumo di alcool e cancro della pelle, della prostata e del pancreas.
Il rischio aumenta se aumentano le dosi, il rischio esiste per chi beve pesante. Le conclusioni di Jennie Connor arrivano dopo 10 anni di studi al World Cancer Research Fund, all’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, all’Organizzazione Mondiale della Sanità e altri organismi autorevoli. «I rischi maggiori sono associati al bere pesante, ma ci sono pericoli notevoli anche per i bevitori moderati». Le campagne di informazione spiega ancora la Connor devono puntare sul ridurre le dosi di alcool giornaliero assunto, in modo da ridurre la possibilità di avere tumori collegati direttamente.
Jannie Connor non è l’unica sostenitrice di questa tesi, a febbraio scorso le dichiarazioni della professoressa Dame Sally Davies, chief medical officer del Regno unito, ad un’audizione parlamentare: «Fate come faccio io quando prendo un bicchiere di vino. Pensate: voglio un bicchiere di vino o voglio aumentare il rischio di cancro al seno? Prendo questa decisione ogni volta che ho un bicchiere in mano».
La Davies ha giocato un ruolo fondamentale nel tracciare le linee guida sull’azione di governo rivolta ai limiti alcolici. A gennaio è stato raccomandanto agli uomini di ridurre l’assunzione settimanale di alcol da 21 a 14 unità, o sette pinte di birra a settimana. Jana Witt, ricercatrice inglese ha ricordato: «Sappiamo che 9 persone su 10 non sono a conoscenza del legame tra alcol e cancro, ma ci sono prove evidenti della loro correlazione». «Non toccare alcol per qualche giorno ogni settimana è un buon modo per ridurre le quantità» ha suggerito ancora Witt «Prova anche a sostituire una bevanda alcolica con una bibita o scegli versioni meno forti della stessa bevanda». «Ovviamente» conclude Jana Witt «bisognerebbe evitare di tenere una scorta di alcol in casa». ∞
La dottoressa Debora Rasio Oncolaga nutrizionista nel video, vi darà consigli su quali sono le cause dei tumori e che comportamento assumere per evitare i tumori.
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